Da una parte si denuncia la politica assertiva di Mosca, evidenziata platealmente dalla crisi ucraina. Dall'altra c'è una dipendenza energetica e commerciale molto pesante. Il grande paradosso dell'Europa centrale e baltica.
(Scritto per Il Manifesto)

di Matteo Tacconi
Qualche giorno fa il giornalista britannico Edward Lucas ha scritto su The European Voice un articolo dove si spiega che è da anni che la fascia orientale dell’Ue, quella vissuta dall’altra parte della cortina all’epoca della guerra fredda, invia a Bruxelles segnali chiari sulla Russia.
La Polonia e baltici, soprattutto loro, hanno esortato l’Europa occidentale a non sottovalutare la politica imperiale di Mosca. Estonia, Lettonia e Lituania hanno denunciato a più riprese il fatto di sperimentare sulla propria pelle le velleità offensive del Cremlino, segnalando l’uso spregiudicato, da parte di quest’ultimo, delle minoranze russe (in parte discriminate, va detto). L’opinione di Lucas è che la crisi ucraina dimostra che l’Europa occidentale ha fatto molto male a non ascoltare con maggiore attenzione gli allarmi suonati dall’Est. Che ora, visto lo scenario devastante nell’ex repubblica sovietica, vede accrescere i suoi timori. Sotto molti aspetti inevitabili, tenuto conto del modo in cui a quelle longitudini la storia è fluita.
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