Putin grazia l'ex oligarca, a pochi mesi dalla scadenza della detenzione. La vicenda biografica e giudiziaria dell'ex titolare di Yukos è una cartina di tornasole delle Russie di Eltsin e Putin.

di Matteo Tacconi
Appena liberato, ieri, se n’è andato in Germania, con un volo privato, dalla madre malata lì in cura. Ma i conti già non tornerebbero. Perché la donna, in Germania, ci sarebbe dovuta andare oggi. Al momento del rilascio del figlio, così è stato riferito, si trovava ancora a Mosca.
Perché tutta questa fretta nel volersene andare subito? Forse perché Mikhail Khodorkovsky vuole scrollarsi così di dosso, con una corsa all’estero, il ricordo di questi dieci anni di prigionia. Forse perché questo è semplicemente l’inizio del suo esilio. Anche questo s’è sussurrato. Gli elementi a supporto della tesi sarebbero la prontezza nel rilascio dei documenti di viaggio da parte delle autorità russe, l’interessamento solerte dell’ambasciata di Germania a Mosca e il jet privato fornito dalla compagnia energetica Obo Bettermann su intercessione dell’ex ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, che con Helmut Kohl gestì la riunificazione.
"La clemenza soft di Putin" e "Lo zar libera tutti".
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Se ne capirà di più nei prossimi giorni. La notizia certa, l’unica, è che comunque Mikhail Khodorkovsky, l’ex oligarca, il grande nemico del Cremlino, ha lasciato la colonia penale della Carelia – regione nordoccidentale della Russia – dov’era rinchiuso. Putin gli ha concesso la grazia. «Motivi umanitari» la ragione. Sarebbero legati proprio alla salute precaria della madre.
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