C'è sostiene il governo di Kiev e ha incarichi amministrativi. C'è chi è più guardingo. Cambiano le tattiche, ma la strategia degli oligarchi è la solita: salvaguardare i loro interessi.
(Scritto per Il Manifesto)

di Matteo Tacconi
Potenzialmente la regione di Dnepropetrovsk è uno snodo sensibile, nel contesto della partita in corso nell’ex repubblica sovietica. Potrebbe saltare in ogni momento. Gli elementi ci sarebbero tutti. A partire da un apparato industriale importante e a seguire con il fatto che nel distretto si parla prevalentemente russo (la lingua è diventata uno dei fattori della contesa). Senza contare la prossimità con le regioni di Kharkhiv e soprattutto di Donetsk. L’insurrezione è a due passi. Lo spettro del contagio è concreto.

secondo il Fmi: non si azzardano previsioni
Ma Dnepropetrovsk ha mantenuto una sua stabilità. Tra le varie ragioni c’è senz’altro la nomina a governatore, avvenuta a inizio marzo, del potente oligarca di origini ebraiche Igor Kolomoisky. Controlla Privat Bank, primo istituto di credito del paese. La sua scalata finanziaria è avvenuta in modo opaco, come del resto quella di tutti i suoi pari. Kolomoisky ha fatto una scelta di campo, schierandosi con l’esecutivo di Arseniy Yatseniuk. Mai prima d’ora aveva ricoperto cariche politiche, sebbene abbia sempre manifestato una simpatia, anche staccando assegni, verso Tymoshenko.
Kolomoisky sta portando avanti una politica dal duplice respiro. Da una parte fa il falco, esibendo tolleranza zero verso i filorussi. La sua Privat Bank ha persino offerto una ricompensa da diecimila dollari, i soldi che un ucraino guadagna in due anni e mezzo, a chi catturerà un ribelle filorusso. Ci sono persino manifesti pubblicitari che provano l’apertura di questa caccia all’uomo (ma alcune fonti riferiscono che le foto che girano per il web sono un fake). L’altro approccio di Kolomoisky è quello tipico che gli oligarchi esibiscono. Blandire, promettere, comprare consenso.
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