Le trattative intessute dall'ex ministro degli esteri tedesco per liberare Khodorkovsky. Ne parla a Der Spiegel il politologo Alexander Rahr, che ha avuto un ruolo nella vicenda.
(Scritto per Il Manifesto)

di Matteo Tacconi
Il museo del muro. Si trova proprio accanto al checkpoint Charlie, il varco doganale più famoso della storia della guerra fredda e della divisione tra le due Berlino. Può darsi che la scelta del luogo abbia una caratura simbolica, ma può anche darsi che no. In ogni caso, riporta il sito di Radio Free Europe, è proprio lì che Mikhail Khodorkovsky terrà oggi, alle tredici, una conferenza stampa. La prima dal suo rilascio, avvenuto venerdì sulla base della grazia concessagli dal Cremlino. Subito dopo l’ex oligarca è volato nella capitale tedesca, dove dovrebbe incontrare uno alla volta i familiari. Il figlio maggiore Pavel, arrivato da New York, è stato il primo a rivederlo.
L’incontro con i giornalisti potrebbe chiarire alcune delle domande che ci si è posti, su di lui, nelle scorse ore. Intende restare all’estero o rientrare in Russia? Vuole fare politica e continuare, da uomo libero, la sua battaglia contro Putin? È vero che ha chiesto la grazia perché temeva che contro di lui sarebbe stato istruito un terzo processo? Non è da escludere, tuttavia, che l’ex oligarca non abbia intenzione di snocciolare certezze.
Se su questo punto si potrebbe rimanere nel vago, il ruolo tedesco nella scarcerazione di Khodorkovsky ha preso invece una sua forma, grazie al politologo Alexander Rahr, forse il più accreditato esperto di cose russe che c’è in Germania. È uno dei pochi che ha saputo da subito della trattativa intessuta da Hans-Dietrich Genscher, l’ex ministro degli esteri tedesco, per portare Khodorkovsky fuori di cella. E ha appena raccontato a Der Spiegel come sono andate le cose.
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