Indagato per sequestro di persona in merito al caso Shalabayeva, l'ambasciatore kazakho in Italia Andrian Yelemessov partecipa a un convegno in Senato in cui si celebra la tolleranza religiosa nel suo paese. Iniziativa politicamente inopportuna, secondo l'ex deputato radicale Matteo Mecacci.
(Scritto per Europa)

di Matteo Tacconi
Consenso interetnico e interreligioso. Concetto chiave, nel Kazakistan post-sovietico. Una nazione così grande, così densa di etnie (più di cento) e ricca di religioni (una quarantina) può restare coesa solo se viene assicurato, a tutti i popoli e a tutte le fedi, uguale dignità. È su questo punto che il presidente kazako Nursultan Nezarbayev, al potere da più di vent’anni, ha costruito dopo il crollo dell’Urss e delle sue dottrine la nuova identità nazionale, facendo del Kazakistan uno dei paesi più virtuosi, in tema di multiculturalismo, in un’area dove i diritti civili e le diversità non sono così pienamente rispettati.
Questo, s’ipotizza, dovrebbe essere il tema del convegno che si terrà domani alla Sala Zuccari, uno dei più prestigiosi spazi a disposizione del Senato. In quell’occasione verrà presentato un volume, L’unità nella diversità. Religioni, etnie e civiltà nel Kazakistan contemporaneo, promosso dall’Istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie, un centro di ricerca romano, con taglio eurasiatico.
Ora, si direbbe che la convivenza e la tolleranza, sebbene il Kazakistan sia diffusamente considerato un caso positivo, in quel quadrante di mondo, non siano sempre così blindate.